Picture of Università Cattolica del Sacro Cuore
Caption: Easday21 15 ottobre 2021
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Caption: Filippo Pizzolato Costruire la cittadinanza: la nostra costituzione
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Caption: Come insegnare ad essere cittadini?
Sicuramente è necessario l’apprendimento di regole, come da sempre succede, che disciplinano la convivenza, superando la concezione infantile della libertà per una idea più moderna che ha bisogno di regole e corsie che impediscano alla libertà di uno di nuocere alla libertà di altri. Chiaramente occorre non ricadere nel moralismo, sacrificando l’importanza e la forza emancipante dei diritti.
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Caption: Ma l’apprendimento della cittadinanza non può essere misurato solo in questo modo: la formazione normativa rischia di chiuderci, in un dispositivo governamentale, senza aperture.
La costituzione non disciplina solo i comportamenti sociali, emancipa e crea possibilità. In questa veste, occorre riprendere i fili di questo discorso, soprattutto pensando alla Costituzione italiana, che ha come fine il pieno sviluppo della persona umana, un fine della Società (art. 2) e della Repubblica (art. 3).
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Caption: Una dimensione di apertura che valorizza la persona, incorporando nella parte dei principi una sorta di principio della contestazione (rimuovere gli ostacoli, le coagulazioni che negano uguaglianza e partecipazione).
Il lavoro è una splendida sineddoche della libertà, una libertà generata da una cura che l’ha preceduta, assumendo la forma del dono. Una libertà che si forma nella corresponsabilità della tessitura della convivenza.
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Caption: Ecco, occorre che ciascuno dia il meglio di sé, quotidianamente, l’altro esiste ed è condizione della mia stessa libertà.
La democrazia, non ridotta al voto, chiede alla scuola un compito fondamentale: non tanto il tribunale, ma formare i cittadini, aiutare i ragazzi ad aprirsi e a discernere i propri talenti nella logica della costruzione cooperativa di una società democratica.
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Caption: Educare alla cittadinanza non dovrebbe seguire, come spesso accade, strumenti che limitano e accreditano l’immagine di una partecipazione politica riservata ad alcuni, più brillanti e sfrontati, che si espongono, mentre gli altri capiscono che il ruolo è di osservatori in una democrazia a investitura, ripiegandosi al rango di sostenitori.
Abitiamo luoghi che sono già aperti alla tessitura della convivenza, nel presente e non come preparazione per il futuro.
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Caption: Costruire la convivenza restituisce un senso concreto alla cittadinanza, in una micro-politica del quotidiano: ciò che avviene nel piccolo ha una forza trasformata che sorprende.
La costituzione è la risorsa fondativa della democrazia, è un invito continuo a partecipare alla società in questo compito continuo di umanizzazione della convivenza.
Qui ricade la funzione della scuola, per una cittadinanza feriale.
La scuola è una esperienza di democrazia, non è preparatoria a un futuro di cittadino, è già cittadinanza.
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Caption: Costruire la cittadinanza: scuola e digitale Pier Cesare Rivoltella
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Caption: Parlare di cittadinanza digitale ci porta a riflettere su cosa il costrutto abbia da suggerire oggi alla scuola. Partiamo da due volumi: “Dopo la democrazia”, di de Kerkhove e Tursi che hanno curato una raccolta di saggi sul tema (siamo nel 2006), a ridosso della diffusione dei social media nel nostro Paese; “La cultura dell’intelligenza artificiale” di Elliott del 2021.
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Caption: Qual è il risultato? La registrazione di un gap di concettualizzazione tra un momento e l’altro, ma anche la possibilità di illuminare una serie di nuove sfide lanciate alla scuola.
Algoritmi,datificazione e intelligenza artificiale sono i grandi temi che toccano la scuola oggi.
Levy, filosofo molto noto, partecipa al primo libro con un saggio con una idea: l’onnivisione, vero la progressiva trasparenza comportata dal digitale dal punto di vista sociale. Poter vedere tutto scegliendo la prospettiva del proprio sguardo.
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Caption: Questa era l’aspettativa nel 2006, la trasparenza sarebbe stata una delle tre caratteristiche della sfera pubblica (inclusività e universalità sono le altre due, niente barriere, niente mediazioni e nessuna divisione). La demediazione come trionfo della possibilità di ciascuno di essere chi si sente di essere.
In quel libro de Kerkhove scrive a sua volta un saggio: Internet come chiave di sviluppo dei popoli, con l’idea di uno Stato digitale come stato leggero e senza burocrazia, senza ideologia.
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Caption: Ai tempi dello SPID, delle procedure, dei form questa idea fa sorridere, in una cornice di archeologia dei media. La Repubblica elettronica era uno spazio comune dei servizi, oltre le frontiere, uno spazio di convivenza e tolleranza.
Emerge una idea di cittadinanza digitale fondata su alcune caratteristiche e competenze: l’abitudine alla discussione e al dibattuto pubblico, l’abilità comunicativa e lo sviluppo di conoscenze e competenze funzionali alla new economy (per noi oggi desueto), la responsabilità richiesta dal fatto di dover gestire una più ampia libertà di comunicazione e di accesso all’informazione.
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Caption: I media sono visti come opportunità senza rischi, con elementi che davvero sembrano elementi ancora oggi validi e resistenti, forse insufficienti se rapportati allo scenario che Elliot descrive guardando all’oggi. Quando gli autori scrivono di competenze funzionali, ecco toccano un argomento funzionalista che serpeggia anche oggi, pericolosamente. La scuola non deve preparare in senso funzionale al futuro, oggi lo sappiamo bene, anche se è un pensiero ancora molto presente.
La tentazione funzionalistica andrebbe superata.
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Caption: Eliott allora suggerisce un’altra via: globalizzazione, geopolitica e società dei dati vanno messi in comunicazione. Non basta il detox digitale, occorre ragionare sulle grandi logiche che muovono i poteri ai quali è in mano il pianeta. Ci sono questioni rilevanti dal punto di vista della cittadinanza legate all’intelligenza artificiale: la riduzione della libertà e della privacy, la riduzione di fiducia nelle istituzioni.
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Caption: Altra questione: l’analisi predittiva dei comportamenti tipica degli algoritmi è prescrittiva. Determinano cause e conseguenze, trasformando la previsionalità in una sorta di prescrittività, portandoci a riconoscerci in ciò che gli algoritmi prevedono sulla base dei dati che forniamo. Una profezia che si auto-avvera.
Allora, come ci muoviamo?
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Caption: Due strategie non funzionano: ridurre l’IA a una casella da spuntare, come capita nelle linee guida dell’IA affidabile spesso presenti nei documenti ufficiali (la fair AI).
La seconda: optare per una cura detox non funziona allo stesso modo. Scendere dal treno non funziona. La disintossicazione digitale è l’analogo odierno dei programmi di perdita di peso veloce, la promessa è di ridurre le dipendenze digitali, non è possibile disintossicarsi dalla vita digitale. essere un’altra. Qui si colloca il problema di costruire cittadinanza digitale. Occorre imparare a stare dentro in questo società.
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Caption: Le tecnologie sono onnipresenti, la strategia di uscita dal problema deve essere un’altra. Qui si colloca il problema di costruire cittadinanza digitale. Occorre imparare a stare dentro in questo società.
Eliott propone nuove diritti: alla trasparenza digitale (da difendere e ottenere) come conquista e non come dato; alla accessibilità (nel senso più ampio); all’identità e al domicilio digitale. Lo sfondo qui è meno utopistico e presenta un passaggio netto al piano dei fatti.
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Caption: Il condizionale auspicava a un futuro descritto discorsivamente, qui il presente è fatto di dati e fatti.
Costruire cittadinanza significa capire che tutte e tre le soglie sono state raggiunte: la prima è relativa alla portata totalizzante dei media, la seconda al potere di modificare i comportamenti, la terza alla scomparsa della tecnica come campo autonomo (come campo isolabile, la tecnica è dentro le cose e gli algoritmi non hanno forma testuale, ma ci sono).
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Caption: Seguendo il testo “Critica della ragione artificiale” (Sadin), serve qui non una convergenza di lotte, ma una simultaneità di operazioni (qui ritorna la dimensione feriale della cittadinanza feriale) nel micro e nel meso. Serve esercitare una intolleranza attiva nei confronti della retorica tecno-liberista. Serve far valere il proprio diritto alla disconnessione, a fare a meno dei sensori, a non omologarsi alle logiche che orientano il consumo, sperimentare nuovi modi di stare in comune, inventarsi senza sosta, fare della propria vita un’opera d’arte.
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Caption: Costruire cittadinanza: il nostro ambiente Gabriele Archetti
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Caption: La democrazia è un ambiente di vita, città e villaggi, il patrimonio artistico sono spazi che esprimono la vicenda delle comunità che li vivono. Questi sono luoghi di vita che dovrebbero essere abitati dalla scuola, favorendo un incontro tra scuola e territorio.
L’ambiente è anche ciò che l’uomo ha costruito e va difeso, ma per farlo va conosciuto e studiato.
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Caption: I beni culturali devono diventare parte della nostra vita.
La tradizione non è statica, si muove, si trasforma, ma non perde la sua storia.
Dovremmo insegnare ai nostri studenti a coltivare una intolleranza attiva, come si diceva, cercando di trovare l’equilibrio giusto che porta alla felicità.
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Caption: Costruire cittadinanza: il nostro ambiente Stefano Pasta
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Caption: L’educazione alla sostenibilità diventa un obiettivo di apprendimento. Nella Legge manca l’educazione interculturale e al vivere insieme, strategica.
Un rischio della traduzione didattica di questo asse in particolare è di settorializzare le pratiche, di non attivare una comunicazione tra i diversi aspetti dell’educazione civica (disciplinare o trasversale?). Isolare questo asse è rischioso, dovrebbero nutrirsi reciprocamente.
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Caption: Spesso si è parlato di crisi della partecipazione, pensando agli ultimi anni il tema ambientale ha segnato una forte inversione di tendenza, a partire da #fridaysforfuture, contrastando il deficit partecipativo.
Si tratta allora di una possibile risposta al calo della partecipazione, si tratta di un asse che invita all’educazione alla deliberazione che possiamo tradurre su tre livelli: un livello di approfondimento di tipo cognitivo rispetto ai temi dell’Agenda 2030 ad esempio, dove la sfida è tenere insieme il mondo locale e quello globale; un approfondimento sulle competenze morali (la capacità di interiorizzare le regole, i valori democratici, i diritti umani) e riflessive che parlino di cittadinanza vissuta con una vocazione non solo individuale ma collettiva (la dimensione collettiva è essenziale); il terzo livello è relativo alle competenze di partecipazione e deliberative.
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Caption: La riflessione sulle tematiche ambientali e di sostenibilità offre un’importane occasione intellettuale per gli insegnanti. Pensiamo alla Carta della terra, al concetto di ecologia integrale come nuovo paradigma di giustizia, dove la natura non è una mera cornice della vita umana (Enciclica Laudato sì https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html).
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Caption: La sostenibilità ambientale nella logica dell’ecologia integrale ci porta, ad esempio, a parlare di ciò che abbiamo vissuto con la pandemia, il nostro essere a scuola.
Pensando a ciò che abbiamo vissuto, non tutte le case sono uguali, non tutti gli insegnanti sono uguali, non tutte le didattiche sono uguali.
Possiamo guardare al dibattito sul digitale con due linee di tendenza: una scuola luddistico-conservatrice che si chiama fuori dal rapporto con il digitale e il mondo post-mediale; una scuola innovatrice e democratica, dove le competenze sono viste nella dimensione critica, estetica ed etica e dove la critica è segnata da un anelito al cambiamento.
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Caption: L’educazione civica, nello spazio dedicato alla sostenibilità, è spazio di condivisione e di dibattito davanti a scelte importanti, trattando i temi dell’Agenda2030 - ad esempio - come problemi etici comuni torno ai quali interrogarsi.
Dobbiamo tenere insieme l’aspetto disciplinare e progettuale che riguarda la vita dentro la classe e la scuola (il curricolo nascosto).
Tenere insieme i tre assi consente di non esaurire il tema nelle 33 ore.
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