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Caption: Pastorale e comunicazione Bologna 9 giugno 2018
Caption: La comunicazione per la Chiesa non è un optional: il rischio altrimenti è quello di occuparsene a singhiozzo, pensandola come una delle attenzioni possibili. La Chiesa è comunicazione.
Caption: Nel ripensare l'evoluzione delle forme di comunicazione siamo davanti non tanto a rotture o rivoluzioni, ma a un percorso fluido. Ma si tratta di una vulgata comune (la rivoluzione della stampa, del web ecc).
La storia della comunicazione, a partire dall’avvento della scrittura, ci dice che si tratta di una storia di continuità. Il problema da sempre è stato quello di garantirsi un modo per fermare - in maniera meno effimera possibile - la nostra memoria. Il problema è quello della registrazione.
Caption: Ong e Havelock ne parlano bene: la struttura formulare della frase, il ricorso alla rima, la
sapienza basata su filastrocche o proverbi sono supporti per la memoria, come anche la ripetizione.
Ecco che i sistemi di scrittura arrivano con questa funzione, sino ad oggi. Velocità ed efficacia, ma anche intelligenza,sono le caratteristiche dei sistemi di archiviazione (da drive a dropbox, per fare un esempio).
Caption: Oggi viviamo una realtà fatta di memorie esterne, che configurano il rischio - per noi - di non poter svolgere quella funzione per ci sono state introdotte.
Caption: Serres dedica pagine interessanti a questo tema: la metafora è quella dell’affresco di un pittore romantico francese con il Martirio di San Dionigi, chino con un’aura luminosa mentre prende in mano la sua testa.
La nostra testa è altrove, possiamo manipolarla e prenderla (e manipolare ciò che sta di solito nella nostra testa).
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Caption: Ci siamo lasciati alle spalle le teste ben piene (il nozionismo è morto), Morin stesso aveva dedicato molti dei suoi scritti a questo tema, ma forse siamo
davanti a teste ben vuote e non a teste ben fatte.
Caption: Non disponiamo nella nostra memoria psichica dei contenuti essenziali che ci servono per pensare. L’esito ultimo di una storia della comunicazione come registrazione potrebbe essere il contrario di quello che avremmo voluto.
L’esplosione dell’informazione ci mette davanti alla intotalizzabilità del sapere, immaginata da Levy negli anni ‘90.
Caption: In una società dove la registrazione fissa tutto, c’e il problema della gerarchizzazione, della ricercabilità, della socializzazione del sapere in modo veramente utile.
I fattori di usabilità sono centrali.
Sul tema della permanenza Ferraris è il riferimento.
Caption: Un video di Ferraris
https://m.youtube.com/watch?v=OcppsIhvluE
Caption: Sottrarre all’oblio la memoria della propria cultura, questo il senso di molti tentativi dell’uomo.
La nostra cultura è data dalla sfera del comportamento (gli usi e i costumi, le nostre ricette ovvero la
cultura materiale) e dalle leggi.
Senza la trasmissione di questi aspetti non c’e sopravvivenza di una comunità a se stessa.
Caption: La partita della comunicazione è decisiva, altrimenti ci saremmo già estinti se non la avessimo vinta, in qualche modo.
Il lavoro di trasmissione e di passaggio in eredità di questi aspetti è il cuore dell’educazione.
Registrare è funzionale all'educazione.
Caption: Siamo nella società informazionale e non nella società dell'informazione, dove quest'ultima è la cosa più importante.
Qui l'informazione è ciò di cui la realtà stessa si costituisce. Definisce la realtà delle cose.
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Caption: Pensiamo al tema della post verità e delle fake news: viviamo in un contesto dove non possiamo determinare la verità dell’informazione a partire dalla corrispondenza con le cose, così come stanno. Se dico che la sedia ha una imbottitura verde, vado a vedere se in effetti è così.
Il confronto con i fatti non è più possibile perché estremamente complesso. Ciò che si interpone tra noi e i fatti è dato da strumenti di intermediazione enormi.
Il Messaggio del Papa in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali va esattamente in questa direzione.
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Caption: La capacità di emozionarmi e la capacità di confermare le mie idee sono due meccanismi fondamentali: se il messaggio conferma ciò che credi e produce emozioni, ecco che non verifichi più.
Qui il tema è quello della Media Education come salvaguardia di una cittadinanza libera e capace di andare oltre alla prima lettura, oltre i due meccanismi individuati.
Caption: La condizione post-mediale di Eugeni è una condizione nella quale i media scompaiono perché non si vedono più, non perché non ci sono più: entrano dentro le cose.
La domotica è un esempio, ma anche il controllo remoto dei parametri vitali con una fit band o un microchip che attacco sul corpo senza nemmeno bisogno di impiantarlo.
Caption: La mediazione tecnologica ha seguito tre fasi: tra noi e il mezzo-ambiente, nella prima fase. Tra noi e altra tecnologia (il telecomando per esempio) nella seconda fase, tra la tecnologia e altra tecnologia nella terza fase. Qui non ci siamo più!
Caption: Una testa che si guida da sola è un esempio chiave. Una straordinaria opportunità, con aspetti che vanno governati e con riflessioni sul piano etico e antropologico.
Caption: Impatta anche sul
superamento della contrapposizione tra reale e virtuale: se i media sono migrati dentro gli oggetti, la vita non è andata verso una divisione tra reale e virtuale, ma verso una migrazione del seconda nel reale.
Una realtà improntata sull’esperienza aumentata dai media, che sono essi stessi parte di questa realtà.
La realtà dei media oggi è in larga parte improntata a mobilità e socialità e quindi è orizzontale.
Caption: Ma la Chiesa con la sua tradizione, davanti a una realtà di comunicazione orizzontale e organizzata dal basso, dove si sente interpellata?
Caption: Possiamo individuare tre forme pastorali, che non sono autoesclusive o superate (forse devono starci tutte e tre senza cristallizzandosi su un solo livello).
Gli aspetti che determinano il tipo di pastorale sono due:
- la capacità di interpretare le specificità dei media;
- la capacità di popolare le tre arene di circolazione di significati: Slevin (The Internet and society).
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Caption: Nella comunicazione c’e un’arena di circolazione primaria, che passa tra me e il mio destinatario. Se si tagga una persona e si allega un documento, tra i due passano degli impliciti di comunicazione che solo i destinatari capiscono (riguarda noi e i destinatari che vogliamo raggiungere intenzionalmente). Ma possono leggere il messaggio anche gli altri miei contatti (arena di circolazione secondaria): dalla sintesi postata tutti gli altri soggetti hanno ricavato dei significati.
Caption: Pastorale 1.0: basata sull'informazione, è costruita su una comunicazione unidirezionale. I media cattolici tradizionali ad esempio, da Avvenire ai settimanali diocesani. Non è detto che usare Twitter mi renda "moderno", posso essere sempre unidirezionale (ho solo cambiato il canale!).
Caption: Raggiungo l’arena di circolazione primaria, secondaria e periferica, ma la comunicazione qui non è interattiva. Serve, certo, anche se con tutta una serie di riflessioni.
Si tratta di una comunicazione worldwide ma non interattiva.
Caption: Pastorale 2.0: usa i media digitali e sociali secondo le loro logiche. Scatti di comunità, la messa in streaming di Padrini, il gruppo di Whatsapp per i ragazzi del gruppo di catechesi, consolidando la coesione del gruppo e stabilendo una relazione calda nei loro confronti, sono esempi chiari.
Qui popolo la prima arena, senza dubbio, ma gli altri soggetti (che non siano i membri del gruppo) non sono coinvolti e la comunicazione non è allargata all’arena di circolazione secondaria. Qui la comunicazione è interattiva, ma chiusa.
Caption: Pastorale 3.0: qui si tengono insieme le due cose. Usare i media nelle loro forme, ma aprendo la comunicazione a tutte le arene di comunicazione.
Giocare la partita sul versante della socialità e della orizzontalità significa perdere, in parte, il controllo e quindi mettere in discussione una idea di Chiesa.
Riscoprire il compito missionario universale della Chiesa, questo è il compito della pastorale 3.0.
Le periferie non sono necessariamente le periferie svantaggiate del mondo.
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